Diritti in Salute - Un Cup privato finanziato in parte dal pubblico, medici e Cpr, l'appello di 14 scienziati
Ma parliamo anche di liste d'attesa e dell'esempio da seguire indicato dal Difensore Civico ligure, di pandemia e di diminuzione dell'attesa di vita, e di sanità in Congo
Diritti in Salute - la newsletter quindicinale di Vittorio Agnoletto
N. 4 - 13 aprile 2024
Benvenuti e benvenute in “Diritti in Salute”, la newsletter che ogni due settimane arriva nella vostra casella di posta elettronica il sabato. Vi racconto di diritti in senso ampio e di sanità, in Italia e nel mondo. “Diritti in Salute” è gratuita e sempre lo sarà, ma se volete contribuire per sostenere l’attività di ricerca e di studio che c’è dietro alle informazioni che ricevete, vi ringrazio.
Buona lettura!
In questo numero si parla di:
CUP - Centro Unico di Prenotazione – “solidale”, che di solidale ha ben poco!
L’appello di 14 scienziati: la sua forza e il suo limite
Liste d’attesa, Liguria, Difensore Civico un esempio da seguire
Cpr: i medici non siano corresponsabili di sofferenze e danni alla salute
Nel mondo: pandemia e diminuzione dell’attesa di vita, la sanità in Congo
Un Cup privato finanziato (in parte) dal pubblico
Ho pensato a lungo se raccontarvi o meno di questa vicenda, perché il rischio è quello di fare pubblicità a qualcosa che non condivido. Penso però che la mia newsletter aggiunga ben poco alla pubblicità che questo sito si è già costruito da solo. Ho pensato invece che forse qualcuno di voi, in sintonia con il mio pensiero e prendendo spunto da questa informazione, possa decidere di chiederne conto ai propri amministratori, in questo caso toscani.
Si chiama solidale ma di solidale ha ben poco. Il “Cup Solidale” è un portale, creato da una startup di Firenze, attraverso il quale il cittadino può fissare una visita medica e degli esami diagnostici nelle strutture della sanità privata in tutta Italia, scegliendo luogo e giorno e confrontando i prezzi delle varie offerte. Giulio Cavalli, che per primo ha segnalato l’esistenza di questo sito, evidenzia come i costi delle diverse prestazioni possano variare anche di più di 10 volte tra una città e l’altra.
Cavalli cita anche ad esempio il “pacchetto base analisi sangue e urine Groupon”, e racconta di come tutto sia reclamizzato dai media come “Prestazioni sanitarie a prezzi calmierati e senza coda”, per superare la “solita odissea per fissare le visite” e le “prestazioni sanitarie troppo lente”. Ogni settimana a 37e2, in onda su Radio Popolare alle 10.37 il venerdì, gli ascoltatori e le ascoltatrici ci segnalano di aver pagato privatamente per una visita e di non riuscire più a tornare al pubblico.
Mi spiego meglio con un esempio. La prima visita per una mammografia nel privato può costare anche meno rispetto al Servizio Sanitario Nazionale, motivo per cui molte donne che devono sottoporsi a questa visita decidono di farla privatamente e in tempi più brevi. Il risvolto di questa scelta è però particolarmente problematico perché nel caso in cui il medico dovesse riscontrare la necessità di qualche ulteriore approfondimento diagnostico e la donna volesse proseguire privatamente, rischierebbe di dover pagare cifre molto alte per le successive visite.
Tornare indietro, rivolgendosi al Sistema sanitario nazionale, significherebbe riconominciare dall’inizio il suo percorso. Infatti, è bene ricordare a tutti voi che mi leggete che chiunque inizia un percorso diagnostico-terapeutico con una struttura privata poi si trova, nei fatti, costretto a restare dentro il circuito privato nel proseguo dei trattamenti, che possono essere anche molto costosi. Infatti, qualora volesse passare al servizio pubblico, dovrebbe rincominciare tutto il percorso dall’inizio, a partire dall’impegnativa del proprio medico curante. Per essere chiari: un medico privato non vi può fissare una radiografia con il Servizio Sanitario Nazionale. Ma ovviamente questo non viene spiegato sul sito. L’obiettivo è infatti quello di attrarre i cittadini nel circuito privato.
Non credevo ai miei occhi poi quando nell’articolo di Cavalli ho letto che “Cup Solidale è beneficiaria del progetto Integrazione MarketPlace CupSolidale – cofinanziato con fondi Por-CReO Fesr 2014-2020 - Sostegno alle Mpmi per l’acquisizione di servizi per l’innovazione della Regione Toscana: un contributo totale assegnato di 33.497,90 per un investimento totale ammesso di 52.100,00 euro per sviluppare lo strumento delle Api”.
In parole più semplici: questo progetto è finanziato in parte anche con soldi pubblici. Ho approfondito la vicenda per capire come avvenga. Il Por Fesr è il Programma operativo regionale (Por) del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) 2014-2020 della Toscana, che ha l’obiettivo di “contribuire alla realizzazione della strategia dell'Unione Europea per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, nonché di favorire la coesione economica, sociale e territoriale”.
Mentre “Giovani Sì”, altro logo che compare sul sito del “CUP Solidale”, è il progetto della regione Toscana per l’autonomia dei giovani, cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo regionale Toscana. Tornando all’articolo di Giulio Cavalli leggiamo che “a gennaio di quest’anno Covisian, il Gruppo italiano leader a livello internazionale nell’offerta di tecnologie all’avanguardia e soluzioni innovative per la Customer eXperience, ha deciso di investirci”.
Quindi riassumendo: la regione Toscana attraverso un progetto che beneficia anche di un finanziamento europeo finalizzato ad “una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” e con l’intento di favorire l’autonomia professionale dei giovani, finanzia un portale che ha l’obiettivo di sviluppare la sanità privata, e sul quale si concentra l’attenzione di un’azienda.
Come possa essere inclusivo un progetto che propone la sanità a pagamento è per noi difficile comprenderlo, ed altrettanto difficile è capire perché di fronte alle difficoltà, anche economiche, del Servizio Sanitario Nazionale si ritenga opportuno finanziare con soldi nostri, di tutti i cittadini, un progetto che fa pubblicità alla sanità privata.
Che questo progetto interessi molto ai privati lo testimonia il sito: ad oggi 42.813 medici e ben 3.875 strutture private fanno già parte del network. Come sapete cerco sempre di andare fino in fondo per tentare di capire le ragioni e le cause di quanto accade, per cui di tutto ciò abbiamo parlato nella trasmissione 37e2 su Radio Popolare che potete riascoltare qui.
Abbiamo poi deciso di invitare in trasmissione un rappresentante della giunta toscana perché ci spieghi le ragioni di una scelta che certamente merita una discussione. Mi auguro che accolga il nostro invito. Vi terremo informati.
C’è anche un’altra domanda che mi sorge spontanea. Com’è possibile che in poco tempo siano riusciti a costruire un CUP per le strutture private di tutta Italia, ed in Lombardia (per prendere una regione ad esempio) l’assessore abbia dichiarato che per un CUP regionale in grado di avere a disposizione le agende delle strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate sono necessari anni e ingenti finanziamenti? Mistero, o forse molto più semplicemente, mancanza di volontà politica.
“Salvate il Servizio Sanitario Nazionale”
Un appello, quello lanciato da 14 scienziati e ricercatori italiani, estremamente importante in difesa della sanità pubblica. Con una chiara richiesta di aumentare l'investimento per la salute, potenziare la prevenzione e la ricerca, ammodernare le strutture ospedaliere e gli strumenti diagnostici. “Non possiamo fare a meno del Ssn, adeguare i fondi agli standard europei” è un appello che condivido, che riprende i temi e le ragioni sui quali lavoriamo da anni e che fa discutere anche per l'autorevolezza di chi lo ha firmato.
Una sola osservazione: manca uno spunto più critico sullo spazio lasciato alla sanità privata e sulla rinuncia del Servizio Sanitario pubblico a controllarne l'operato. Senza un grande cambiamento delle relazioni pubblico-privato in ambito sanitario è impossibile modificare in profondità l'attuale situazione.
Ma forse questo è compito degli attivisti e non degli scienziati, alcuni dei quali lavorano in strutture sanitarie private e firmando questo appello hanno già fatto molto.
Liste d’attesa, dalla Liguria arriva un esempio da seguire
Chi mi segue da tempo sa che da ormai dieci anni lavoro con Medicina Democratica, per fornire indicazioni su come affrontare le liste d’attesa. Come sappiamo, qualora non doveste trovare disponibilità entro la classe di priorità indicata nell’impegnativa, l’ASL/ATS-ASST deve garantire la prestazione in regime di intramoenia con il pagamento unicamente del ticket, se previsto.
In molti casi, sia noi, sia i vari sportelli che recentemente sono sorti sul territorio, siamo riusciti ad ottenere questo risultato, ma sempre con moduli autoprodotti e gestendo caso per caso. Per questa ragione quanto è avvenuto in Liguria è importante. Recentemente infatti il difensore civico della Liguria, su richiesta dell’associazione Impegno Comune di Chiavari, ha scritto a tutti i direttori generali delle strutture sanitarie del SSN e alla regione, chiedendo che, di fronte alle attuali lunghe e diffuse liste d’attesa, venga messa a disposizione dei cittadini una modulistica unica a livello regionale per poter accedere alle prestazioni sanitarie in intramoenia (pagando solo il ticket) quando le Asl non sono in grado di garantirle nei tempi previsti dalle prescrizioni mediche.
Non è certamente la soluzione al problema delle liste d’attesa, ma oltre a risolvere singole vicende personali, se praticata da molti cittadini questa richiesta mette i responsabili della sanità pubblica di fronte alla proprie responsabilità anche da un punto di vista giuridico.
Cpr: i medici si rifiutino di diventare causa di sofferenza e malattia
La salute è un diritto universale che deve superare ogni barriera, e deve valere anche dentro i Cpr, come nelle carceri. Sabato 6 aprile a Milano c’è stata una grande manifestazione organizzata dalla rete Mai più lager - NO ai CPR, in collaborazione con molte associazioni. L’assistenza sanitaria dentro i Cpr è praticamente assente salvo l’uso sproporzionato di psicofarmaci per sedare le persone lì rinchiuse che, non dimentichiamolo, hanno l’unica colpa di essere arrivati in Italia sopravvivendo alle tempeste del mare o alle rotte impervie nei Balcani.
La rete Mai più lager - NO ai CPR in collaborazione con la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) e l’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI), ha lanciato una Campagna rivolta al personale sanitario sui rischi di salute per le persone migranti detenute nei CPR italiani, e in particolare una proposta per i medici "certificatori": infatti, per essere inviate nei CPR le persone migranti devono essere sottoposte a una "valutazione di idoneità alla vita in comunità ristretta" da parte di personale medico afferente al Sistema Sanitario Nazionale.
Il documento dettagliato della Campagna propone diversi elementi di riflessione e azione di sanità pubblica, medico-legali e di deontologia medica per poter aiutare i medici coinvolti a dichiarare l'inidoneità alla vita in luoghi patogeni e pericolosi per la salute quali i CPR, di fatto, sono. Questo documento elaborato dalla rete No Cpr di Milano è purtroppo più che esaustivo nell’evidenziare la situazione.
NEL MONDO
Pandemia e diminuzione dell’attesa di vita
“Covid: ridotta di 1,6 anni l’aspettativa di vita globale”. Questo il risultato di uno studio pubblicato su The Lancet. “Durante la pandemia – afferma il primo co-autore dello studio, il dott. Austin E. Schumacher dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington negli USA – l’aspettativa di vita è diminuita nell’ 84% dei Paesi e territori”, ma contemporaneamente ha continuato a diminuire la mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Nell’articolo gli autori ricordano che, a livello globale, l’aspettativa di vita alla nascita, tra il 1950 e il 2019, è aumentata di quasi 23 anni.
Qui per voi un estratto delle conclusioni:
“Le metriche demografiche complete riportate in questo studio mostrano che nel 2020 e nel 2021 si sono verificate marcate inversioni nelle tendenze della mortalità e dell'aspettativa di vita degli adulti, con un aumento della mortalità e una riduzione dell'aspettativa di vita in tutto il mondo. L'aumento della mortalità non si è verificato nelle popolazioni più giovani: i tassi di mortalità dei bambini sotto i 5 anni hanno continuato a diminuire a livello globale durante i primi due anni della pandemia, anche se sono necessari investimenti più equi e più intensi per raggiungere gli obiettivi degli SDG (Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ndr) in molte località. Mentre la crescita della popolazione globale sta rallentando, le distribuzioni geografiche e le strutture di età stanno subendo cambiamenti fondamentali: i Paesi e i territori a basso reddito continuano a crescere e le strutture demografiche di tutto il mondo stanno invecchiando. Le nazioni del mondo post-pandemico dovranno affrontare le nuove sfide sanitarie, economiche e sociali con nuove politiche e pratiche”
La sanità nel mondo: Congo
Nella rubrica La sanità nel mondo di 37e2 abbiamo parlato anche del servizio sanitario della Repubblica Democratica del Congo. Ai microfoni con noi il dott. Juste Momboto, responsabile del gruppo di lavoro “Diritto alla salute” della organizzazione non governativa “Viva Salud”.
Diritti in Salute è gratuita, e questo non cambierà nel tempo. Vi chiedo però di sostenerla con una donazione se potete, perché frutto di un’attività di studio e di ricerca che svolgo con passione da decenni. Potete donare 5 euro al mese, oppure da 30 euro l’anno in su. Più informazioni qui:
Per questo numero abbiamo finito. Ci vediamo tra due settimane.
Se volete rimanere in contatto potete seguirmi sul mio profilo Facebook e Instagram.