Disuguaglianze sociali, povertà e salute. Dove sono finiti i reparti per la terapia intensiva? Il potere della sanità privata nel mondo
Ma parliamo anche della Sindrome della rassegnazione, di G7 Salute e della sanità nelle regioni italiane.
Diritti in Salute - la newsletter quindicinale di Vittorio Agnoletto
N. 14 – 12 ottobre 2024
Bentornate e bentornati a Diritti in Salute! Prima di cominciare volevo ricordare, specialmente a chi è appena arrivato/a, che la newsletter è gratuita e conta ora oltre 7.800 iscritti. Chi legge Diritti in Salute è però un numero ancor più alto di persone perché circola molto online.
Penso a ogni numero e ne curo i dettagli nel mio tempo libero, condividendo con voi la mia conoscenza accumulata negli anni. Per questo, se vi piace, potete contribuire con una donazione libera. Cliccate su “DONA”, vi apparirà il logo di Medicina Democratica, cliccate “invia”, inserite la vostra mail, scegliete la cifra da donare e dove c’è scritto “A cosa serve?” non dimenticatevi di inserire “Diritti in salute”. Questo è importante perché ci semplifica molto le procedure amministrative.
E condividete la newsletter con chi è interessato/a al tema!
In questo numero parliamo di:
“La chiamavano sanità” un grande successo
Disuguaglianze sociali, povertà e salute
Come hanno distrutto (e stanno distruggendo) il Servizio Sanitario Nazionale, parte 9: i reparti di terapie intensive
Viaggio in Italia: Piemonte
Nel mondo: il G7 Salute, quando la malattia diventa business
Nel mondo: la sindrome della rassegnazione
Nel mondo: i principali gruppi della sanità privati
“La chiamavano Sanità” un grande successo
Grande successo della serata tragicomica organizzata dal comitato “La Lombardia Sicura” il 1° ottobre al teatro della Cooperativa a Milano. Tutto esaurito, tanto che è stato necessario portare anche sedie supplementari in sala!
A questo link è possibile rivedere tutto l’evento o separatamente l’intervento/spettacolo di ogni artista, attivista e ricercatore, cominciando da Moni Ovadia arrivando fino al Supergiovane, da Renato Sarti a Lella Costa, dal prof. Garattini ai responsabili di CGIL, Arci e Medicina Democratica. Potrete ascoltare anche il mio intervento. Ma non è finita qui: proseguiamo con iniziative in tutte le dodici province con “La Staffetta SiCura - difendiamo la sanità pubblica lombarda”.
Vi farò sapere prossimamente!
Quanto incidono le disuguaglianze sociali e la povertà sulla nostra salute?
Il basso livello d’istruzione è il fattore che influenza maggiormente la condizione di salute. La correlazione emerge da uno studio pubblicato recentemente e realizzato dai ricercatori dell’ATS di Milano in collaborazione con le Università Bicocca e Statale. Il campione è quello dei residenti nella metropoli lombarda di età compresa tra 30 e 75 anni.
Le ragioni della correlazione tra basso livello d’istruzione e salute risiedono in una carenza d’informazione su due fronti: la consapevolezza degli stili di vita più sani, che riguardano l’attività fisica, l’alimentazione, la riduzione di fumo e alcool, e la conoscenza dei meccanismi per accedere ai servizi sanitari e alle campagne di prevenzione.
È inoltre importante non dimenticarsi che un più alto livello d’istruzione generalmente coincide con un lavoro meno pesante dal punto di vista fisico, con una maggior disponibilità economica e con la conseguente possibilità di vivere in quartieri meno degradati. Diabete, malattie respiratorie, sindrome metabolica e uso contemporaneo di farmaci appaiono maggiormente diffusi in alcuni quartieri periferici, dove spesso si affiancano ad un aumentato rischio di mortalità, e quindi ad una diminuita attesa di vita.
È più che mai attuale l’importanza che l’OMS affida ai determinanti sociali di salute come le condizioni socio-economiche, culturali e ambientali, tra le quali alloggio, ambiente di lavoro, educazione, accesso all’assistenza sanitaria e presenza di reti sociali. Impostazione condivisa dalle scuole europee di sanità pubblica e contestata invece da gran parte del pensiero accademico nord-americano che, seguendo la logica del self made man, attribuisce maggior responsabilità del proprio stato di salute alle scelte individuali.
Nella ricerca su Milano, l’uso di antidepressivi appare invece diffuso in modo più omogeneo in tutta la città, segnale significativo del “logorio della vita moderna” e anche dello stress connesso allo stile di vita milanese che caratterizza alcune professioni di punta, come ad esempio quelle nel mondo della moda e della finanza, che hanno il loro quartier generale nella metropoli lombarda. Secondo la ricerca il 4% di chi vive a Milano fa uso di psicofarmaci.
“Lo studio – scrivono i ricercatori - sottolinea la necessità di interventi mirati per affrontare le disparità e promuovere equità nelle condizioni di salute. I risultati possono servire per lo sviluppo di strategie di salute pubblica e politiche efficaci volte a ridurre le disuguaglianze di salute nella città.”
Un auspicio che speriamo non rimanga solo tale.
Come hanno distrutto (e stanno distruggendo) il Servizio Sanitario Nazionale, parte 9: i reparti per le terapie intensive
Dopo la pandemia, tutti ci saremmo immaginati un grande impegno delle istituzioni per evitare che il disastro si possa ripetere in futuro. Un impegno che avrebbe dovuto mettere al primo posto, a fianco del rafforzamento della medicina territoriale, il potenziamento delle terapie intensive. Nulla di tutto ciò è però accaduto per i servizi territoriali e ben poco anche per le terapie intensive.
Il decreto 34/2020 emesso nel pieno della stagione pandemica prevedeva un potenziamento dei posti letto delle terapie intensive e semi intensive:
“il progetto – spiega Quotidiano Sanità - è confluito nel Pnrr con uno stanziamento di oltre 1,4 miliardi. Più in particolare, la componente M6C2 (….) prevede entro il 2026 la realizzazione di almeno 5.922 posti letto aggiuntivi, di cui 2.692 in terapia intensiva e 3.230 in subintensiva. Mancano dunque all'appello almeno 1.082 posti letto di terapia intensiva e 1.398 di semi intensiva da realizzare entro la scadenza del 2026.”
Se si leggono i dati ci si rende conto delle enormi differenze tra le varie regioni, anche tra territori confinanti: l’Abruzzo ha già completato il 100% dei letti di terapia intensiva previsti, mentre il Molise è ancora allo 0%. La Lombardia ne ha realizzati il 31% e il Lazio il 34%. E non è ancora entrata in funzione l’Autonomia differenziata…
Questa è una questione che non può essere derubricata a fatto locale. In una situazione emergenziale, in assenza di letti, il cittadino malato viene dirottato da una regione all’altra, come abbiamo già sperimentato, e ciò non dovrebbe accadere. Una ragione in più per sollecitare un intervento diretto dello Stato lì dove le regioni risultano inadempienti. D’altronde l’articolo 32 della nostra Costituzione, che stabilisce il diritto universale alla cura, ha valore su tutto il territorio nazionale.
Viaggio nella sanità italiana: il Piemonte
In un Paese che a breve rischierà di trovarsi ad affrontare anche nel campo della salute l’Autonomia differenziata, abbiamo iniziato un viaggio per comprendere dalla viva voce dei protagonisti qual è lo stato della sanità in ogni regione. A 37e2, il programma che conduco su Radio Popolare ogni venerdì, abbiamo dedicato la prima puntata di questo percorso al Piemonte, con l’intervista alla dott.ssa Chiara Rivetti, segr. reg. del sindacato Anaao Assomed. La potete riascoltare qui.
NEL MONDO
G7 Salute: la malattia diventa business
Dal 9 all’11 ottobre ad Ancona si è parlato di Salute e della conferma che la sanità nel mondo ormai è un’occasione di profitti per il privato, come l’affare dei farmaci. Per questo urge un’alleanza tra operatori e utenti.
Se vi interessa il tema a questo link potete leggere il mio ultimo articolo pubblicato su Il Manifesto l’8 ottobre scorso.
La Sindrome della rassegnazione infantile
Nel suo ultimo film, il regista greco Alexandros Avranas affronta un tema molto delicato e sconosciuto al grande pubblico, ma anche a molti esperti del settore: la sindrome della rassegnazione infantile. Il film, intitolato Quiet Life, ha debuttato in concorso nella sezione Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia. L’ho visto, mi è piaciuto ed ho cercato di documentarmi anche per condividere con voi queste conoscenze.
La sindrome della rassegnazione è stata anche definita Sindrome da ritiro traumatico, Sindrome del sonno profondo o Sindrome della Bella addormentata ed è una condizione psicologica che porta ad un rifiuto di partecipare alla vita, ad uno stato di riduzione della coscienza. Colpisce “i bambini e adolescenti tra gli 8 e i 15 anni (età media di insorgenza 11,5 anni), in seguito al trauma delle violenze vissute nel Paese d’origine, della migrazione e dell’insicurezza da essa generata.”
Ritengo che i fenomeni descritti e ben rappresentati nel film siano un ulteriore indicazione della sofferenza profonda che colpisce i minori migranti, e rende ancora più odiose ed inaccettabili le scelte legislative delle nostre autorità.
I principali gruppi della sanità privati nel mondo e la loro consistenza economica
Quali sono gli enormi interessi che ruotano attorno alla nostra salute? e quanto ampia è stata, nel nostro continente, la rinuncia a sostenere la sanità pubblica?
Aldo Gazzetti, esperto di sanità pubblica, mi ha segnalato dei dati interessanti. A questo link trovate l'elenco dei 100 maggiori gruppi privati presenti nella sanità in Europa, Medio Oriente, Africa (regione definita nel documento con l’acronimo “EMEA”). Se scorrete con il mouse l’elenco, per ogni azienda sono indicate: l’eventuale modifica del piazzamento ottenuto ogni anno in questa particolare classifica, la principale area di affari, la descrizione sintetica della loro attività, lo Stato di origine (non la sede legale), i gruppi proprietari (finanziari, assicurativi, bancari ecc.), il fatturato 2022 in miliardi di euro, il fatturato 2021 e la differenza % tra quello del 2022 e del 2021.
Aldo Gazzetti precisa: “Queste informazioni sono state diffuse da Healthcare Business International (HBI) che organizza meeting internazionali con i rappresentanti (dirigenti, consulenti, finanziatori ecc.) dei vari gruppi d’interesse proprietari e gestori delle catene di servizi sanitari per fini di lucro. È utile segnalare che in tempi recenti sono avvenuti ulteriori cambiamenti, negli assetti proprietari di alcuni gruppi, anche italiani, con acquisti di intere filiere riguardanti anche altre aree di affari, tra cui la diagnostica di laboratorio e radiologica e il comparto residenziale (RSA). Questo non modifica la sostanza di quanto emerge dal report di HBI.”
Diritti in Salute è gratuita, e questo non cambierà nel tempo. Vi chiedo però di sostenerla con una donazione se potete, perché frutto di un’attività di studio e di ricerca che svolgo con passione da decenni. Potete farlo attraverso PayPal: cliccate su “DONA”, vi apparirà il logo di Medicina Democratica, cliccate “invia”, inserite la vostra mail, scegliete la cifra da donare e dove c’è scritto “A cosa serve?” non dimenticatevi di inserire “Diritti in salute”. Questo è importante perché ci semplifica molto le procedure amministrative.
Per questo numero abbiamo finito. Ci rivediamo tra due settimane.
Se volete rimanere in contatto potete seguirmi sul mio profilo Facebook e Instagram.