Il ricatto sui LEA e il rischio stop per migliaia di visite. La verità sulle morti in Congo
Ma parliamo anche del disastro della nostra sanità raccontato da The Lancet, dei soldi di Big Pharma ai medici e della legge 104.
Diritti in Salute - la newsletter quindicinale di Vittorio Agnoletto
N. 20 – 11 gennaio 2025
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In questo numero parliamo di:
L’Odissea dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza
The Lancet lancia critiche durissime alla sanità italiana
Invalidità civile e previdenziale. Istruzioni d’uso
Nel mondo. La vera causa delle strane morti in Congo
Nel mondo. I soldi di Big Pharma, i medici e la ricerca
L’Odissea dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza
Cosa è accaduto? Lunedì 30 dicembre il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha sospeso le nuove tariffe dei LEA, le prestazioni che il SSN deve fornire a tutti i cittadini in ogni parte d’Italia.
Riavvolgiamo un po’ il nastro per capire meglio la storia. L’ultimo aggiornamento dei LEA è del 2017, dopo molti anni dal precedente (a metà degli anni ‘90). Le norme restano però ai blocchi di partenza, in attesa che siano aggiornate le tariffe che dovranno essere rimborsate alle strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate che forniranno la prestazione. Un’attesa lunga: solo lo scorso 26 novembre un decreto del Ministero della Salute ha stabilito tariffe e lista definitiva delle prestazioni rese disponibili. Queste vanno dalla procreazione medicalmente assista passando per le più moderne protesi per gli arti, per i nuovi screening neonatali agli apparecchi acustici digitali, alle attrezzature per la domotica e i sensori di comando, ai sistemi di riconoscimento vocale; fino alle nuove terapie oncologiche, alle diagnosi di celiachia e a molte malattie rare. In tutto circa 3.000 prestazioni, con un aumento di circa 550 milioni di euro rispetto alle tariffe che erano state rideterminate nel 2012.
Le associazioni che rappresentano gli ambulatori, i poliambulatori e l’ospedalità privata hanno contestato le tariffe stabilite, ritenendole troppo basse. Per questo il TAR del Lazio ha bloccato il decreto e stabilito per il 28 gennaio la discussione in camera di consiglio. Una decisione che avrebbe gettato nel caos tutto il sistema, rischiando il blocco nell’erogazione delle nuove prestazioni, ma anche creando il caos nel sistema informatico delle ASL/ATS/ASST che era già stato aggiornato con le nuove tariffe.
Di fronte a questi rischi, il Ministero ha reagito illustrando al TAR l’estrema difficoltà che si sarebbe venuta a creare con il blocco del decreto, che avrebbe potuto provocare la sospensione di migliaia di prestazioni e quindi un grave danno per i cittadini. Il TAR ha dunque modificato la sua precedente decisione e ha ritirato la sospensiva, ma ha confermato per il 28 gennaio la discussione definitiva.
L’ampio e ramificato sistema della sanità privata convenzionata con il servizio sanitario pubblico ha mostrato in modo esplicito l’enorme potere di cui dispone. Non solo può mettere in una condizione di stallo il SSN attraverso un semplice ricorso al TAR, ma potrebbe un domani decidere di convenzionarsi solo per quelle prestazioni per le quali siano previsti rimborsi più vantaggiosi creando enormi problemi ai cittadini (uno su tutti l’aumento delle liste d’attesa), e mostrando tutta la debolezza e ricattabilità del SSN.
Infatti, se il privato convenzionato non ritiene soddisfacenti le cifre stabilite per i rimborsi, dispone di svariate possibilità per raggiungere i propri obiettivi di profitto: scelta delle prestazioni da mantenere dentro la convenzione e di quelle da gestirsi solo con pazienti solventi; amplificazione delle pratiche per dirottare sul proprio settore privato una buona parte dell’utenza, quella che ancora riesce a disporre di sufficienti risorse economiche. Ricade invece sul Servizio sanitario pubblico il dovere di garantire comunque le prestazioni previste dai LEA a tutti i cittadini. Ne consegue l’accumularsi degli straordinari (spesso non pagati) degli operatori, gli stipendi insufficienti, i ritmi insostenibili, le liste d’attesa infinite. Con la speranza, per le strutture della sanità pubblica, di ottenere a fine anno un ripiano del bilancio per non essere altrimenti costretti a nuovi tagli e chiusure di servizi.
Non c’è dubbio che le cifre stanziate per la sanità per il 2025 e per i prossimi anni siano assolutamente insufficienti come da più parti ampiamente dichiarato. Diminuisce infatti sempre di più la percentuale della spesa sanitaria sul PIL e in rapporto agli altri Paesi OCSE, obbligando milioni di persone a rinunciare a curarsi.
L’assordante silenzio dei manager della sanità pubblica a fronte di uno stanziamento assolutamente insufficiente deriva dalla struttura piramidale del nostro SSN, dove centinaia di direttori generali sono nominati politicamente e quindi sono pronti a chinare il capo e a chiudere la bocca di fronte al principe di turno.
Se il 28 gennaio la camera di consiglio al TAR si concluderà con una disponibilità da parte del ministero ad una revisione delle cifre stabilite, la sanità privata presenterà pubblicamente questo risultato come la conquista di un aumento complessivo dello stanziamento per la sanità. Obiettivo mancato dalle recenti mobilitazioni sindacali, destinate in tal modo a perdere ulteriore peso e credibilità. La realtà è però ben diversa. Infatti, i vantaggi di una eventuale vittoria ricadranno in gran parte sulle strutture private accreditate perché non si tratterà di un aumento complessivo e generalizzato della spesa sanitaria, ma di aumenti mirati alle prestazioni gestite in parecchi casi dal privato convenzionato e a questo rimborsate dalle istituzioni pubbliche.
Ho sempre sostenuto che il problema non è un generico aumento della spesa sanitaria, ma un aumento delle risorse destinate alla sanità pubblica e una profonda modifica del rapporto pubblico-privato convenzionato, che restituisca al primo il ruolo di dominus dalla programmazione, alla scelta di chi, come e per cosa convenzionare.
The Lancet lancia critiche durissime alla sanità italiana
Il 5 gennaio scorso The Lancet, una rivista scientifica inglese di ambito medico, ha pubblicato nella sua versione europea un editoriale molto duro sulla sanità italiana. Il sistema italiano di raccolta dei dati sanitari non funziona, è il titolo dell’articolo.
“In Italia non esiste un sistema unificato e centralizzato per documentare e condividere le cartelle cliniche elettroniche (EHR), i dati ospedalieri e la documentazione dei medici di base”
Il giudizio di The Lancet, che è una rivista molto prestigiosa, è netto, motivato e documentato. Le ragioni principali di questa situazione sarebbero due: la frantumazione in venti servizi sanitari regionali spesso non in grado di comunicare tra loro, e il mancato caricamento dei dati da parte delle strutture private anche quando collaborano con il Servizio Sanitario Nazionale.
Le conseguenze che ne derivano, sostiene The Lancet, sono la necessità di ripetere gli esami diagnostici quando i pazienti si spostano da una regione all’altra (con un significativo aumento dei costi); l’impossibilità di individuare in tempi rapidi evidenze cliniche utili in situazioni d’emergenza, come durante il Covid; un crollo della ricerca scientifica a livello nazionale a causa della difficoltà nel condurre studi multicentrici. Tutto questo peggiorerà ulteriormente qualora si realizzasse l’autonomia differenziata.
Quanto scrive la rivista inglese corrisponde alla realtà, che però, in alcuni casi, è ancora peggiore. Spesso la mancata condivisione degli esami eseguiti su un paziente si verifica anche all’interno della medesima regione, e la difficoltà di comunicazione tra i sistemi informativi delle varie strutture sanitarie è una delle motivazione dell’assenza di un Centro Unico di Prenotazione a livello regionale.
Invalidità civile e previdenziale. Istruzioni d’uso
Come già vi ho anticipato negli scorsi numeri della newsletter, da novembre nel programma che conduco insieme a Elena Mordiglia su Radio Popolare, 37e2, c’è una nuova rubrica. È pensata per fornire suggerimenti pratici e utili per muoversi in una realtà, quella dell’invalidità civile e previdenziale, molto complicata e non sempre di facile comprensione. Nell’ultima puntata, la settima delle nove previste, abbiamo affrontato il tema della legge 104 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con handicap, sia per quanto riguarda gli adulti che i minori. Come sempre le puntate sono corredate da molti esempi che possono facilitare la comprensione.
Nella prossima newsletter condividerò le ultime due puntate. Per chi volesse riascoltarle, sono tutte raccolte qui.
Ricordatevi che potete seguirci in diretta su Radio Popolare o online il venerdì mattina dalle 10.37 alle 11.30, oppure tramite i podcast dal sito della radio!
NEL MONDO
La vera causa delle strane morti in Congo
Tiriamo un sospiro di sollievo. La misteriosa malattia che tra novembre e dicembre ha provocato in Congo decine di morti, il 54% bambini con meno di cinque anni, non è stata provocata da un nuovo virus che potrebbe mettere a rischio anche la nostra sicurezza. Come ha dichiarato l’OMS è “una combinazione di infezioni respiratorie virali comuni e malaria, aggravata da malnutrizione acuta”.
Per la malaria un vaccino è disponibile: si chiama Mosquirix e nonostante la sua efficacia sia limitata, l’OMS ne ha consigliato l’utilizzo in tutta l’Africa. Ma sono pochi i Paesi che ne possono disporre sia per i costi che per le difficoltà logistiche. Stessa sorte hanno i farmaci destinati alla cura e le zanzariere, strumento assolutamente indispensabile. Per anni gli appelli dell’OMS per intensificare la ricerca scientifica non hanno ricevuto attenzione dall’industria farmaceutica: la quasi totalità dei 600.000 decessi all’anno per malaria si verificano in Africa, in paesi a basso potere d’acquisto.
Finalmente nell’ottobre 2023 è stato approvato R21, un nuovo vaccino con un’efficacia circa del 70% distribuito inizialmente in Ghana, Nigeria and Burkina Faso. Si prevede che entro il 2030 saranno necessarie circa 90 milioni di dosi all’anno.
Possiamo dire quindi che in Congo siamo di fronte ad un caso di sindemia, ossia all’interazione deleteria di due o più malattie o altre condizioni di salute, soprattutto come conseguenza dell'ineguaglianza sociale e dell'esercizio ingiusto del potere.
NEL MONDO
I soldi di Big Pharma, i medici e la ricerca
Il 18 maggio 2024, durante la loro assemblea annuale, i membri dell’associazione irlandese dei medici di famiglia (ICGP, Irish College of General Practitioners, con oltre 5.000 iscritti) hanno votato a favore della decisione di non accettare più finanziamenti dall’industria farmaceutica.
Adriano Cattaneo, epidemiologo che lavora a Trieste, in un articolo pubblicato su Salute Internazionale (un sito di informazione indipendente) ha posto a tutta la ricerca sanitaria ed in particolare ai medici, un preciso interrogativo:
Bisogna accettare soldi da Big Pharma?
È interessante leggere attraverso quale percorso l’associazione dei medici irlandesi sia arrivata ad assumere la propria decisione, così come documentarsi su quello che accade invece in altri Paesi. L’autore rivolge un invito a coloro che hanno a cuore una medicina indipendente al servizio della salute collettiva: “Come scrivevo un anno fa, in attesa che i governi promulghino e mettano in pratica leggi e regolamenti più restrittivi sui versamenti di Big Pharma allo scopo di ridurne gli effetti negativi, «non resta che fare appello agli operatori sanitari affinché prendano coscienza dei danni alla salute e al sistema sanitario, oltre che alla loro reputazione, causati dalle attuali regole sulle sponsorizzazioni e, più in generale, dal marketing farmaceutico». Qualcuno mi ha dato retta, ma non in Italia”.
Diritti in Salute è gratuita, e questo non cambierà nel tempo. Vi chiedo però di sostenerla con una donazione se potete, perché frutto di un’attività di studio e di ricerca che svolgo con passione da decenni. Potete farlo attraverso PayPal: cliccate su “DONA”, vi apparirà il logo di Medicina Democratica, cliccate “invia”, inserite la vostra mail, scegliete la cifra da donare e dove c’è scritto “A cosa serve?” non dimenticatevi di inserire “Diritti in salute”. Questo è importante perché ci semplifica molto le procedure amministrative.
Per questo numero abbiamo finito. Ci rivediamo tra due settimane.
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