Rimborso (forse) per i ritardi del SSN, senza il pubblico la sanità privata crollerebbe, i farmaci introvabili
Ma parliamo anche di un nuovo piano di Lombardia SiCura per il rilancio della sanità pubblica, del medico per i senza dimora e di qualche consiglio pratico sulle sostanze cancerogene
Diritti in Salute - la newsletter quindicinale di Vittorio Agnoletto
N. 16 – 9 novembre 2024
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In questo numero parliamo di:
C’è un diritto a un rimborso di fronte ai ritardi del SSN?
Mancano i farmaci, ma ne esistono di equivalenti
Come hanno distrutto (e stanno distruggendo) il Servizio Sanitario Nazionale, parte 11: senza il SSN gran parte della sanità’ privata crollerebbe.
La “Lombardia SiCura” propone un piano straordinario per il rilancio della sanità pubblica
Arriva il medico di base per i senza dimora
Nel mondo: Sostanze cancerogene e qualche consiglio pratico
C’è un diritto a un rimborso di fronte ai ritardi del SSN?
Pur garantendo sulla carta il diritto alla salute, il Servizio Sanitario Nazionale non riesce sempre a rispondere alle esigenze dei cittadini. Le lunghe attese e le carenze della sanità pubblica sono uno scoglio per tutti, a maggior ragione per i genitori che hanno in cura i propri figli. Grazie a una recente sentenza del Tribunale di Genova, emessa a ottobre 2024, si è però creato un precedente che, forse, potrebbe in futuro riguardare altre situazioni simili.
La sentenza ha riconosciuto il diritto di un bambino ad avere, in tempi ragionevoli, le cure stabilite dal Servizio Sanitario Nazionale e previste nei Livelli Essenziali di Assistenza, LEA, senza dover accedere a servizi a pagamento. Il tribunale ha infatti stabilito un rimborso per le spese sostenute dalla famiglia del minore, che di fronte ad un ritardo di 34 mesi da parte del SSN, si è dovuta rivolgere al settore privato. Rimborsare, almeno parzialmente, la spesa sostenuta dai genitori, in questo caso significa garantire un principio di giustizia morale.
Una sentenza importante, che ricorda come la salute dei cittadini non possa essere sacrificata per carenze del servizio pubblico. Non è la prima volta che i magistrati si pronunciano in questa direzione, e questo fa ben sperare. In ogni caso ciò non significa che tutti avranno diritto a un rimborso di fronte a possibili ritardi subiti o che subiranno, ma che nell’eventualità di una richiesta in sede giudiziaria questo potrebbe essere garantito con più facilità rispetto a prima proprio perché è già accaduto. Vi ricordo infatti che ogni situazione ha una propria specificità e può condurre il Tribunale ad emettere sentenze fra loro differenti.
Rimane il fatto che ancora una volta è stato ribadito il dovere dello Stato a garantire le cure ai propri cittadini, e ad assumersi le sue responsabilità quando ciò non avviene.
Mancano i farmaci, ma ne esistono di equivalenti
“Dal 2018 a oggi, il numero di farmaci a rischio di carenza è più che raddoppiato, passando da circa 1.600 a oltre 3.700” si legge sull’articolo del Corriere della Salute (che potete leggere a questo link) che riprende un report pubblicato dall’Osservatorio Nomisma sul “Sistema dei farmaci equivalenti”.
Spesso i farmaci originali non vengono più prodotti perché, passato un po’ di tempo dal loro lancio, le aziende non lo ritengono economicamente vantaggioso. Chiaramente questa scelta non collima con le esigenze reali delle persone che hanno bisogno di quel farmaco per curarsi. “Per quasi otto medicinali carenti su dieci esiste, però, un corrispettivo equivalente (cosiddetti «generici»)” chiarisce il rapporto.
Come spiega l’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, “i farmaci equivalenti sono medicinali con le stesse caratteristiche farmacologiche e terapeutiche del farmaco di riferimento (“di marca”) la cui copertura brevettuale è scaduta”.
“Secondo l'Osservatorio Nomisma – spiega Maria Giovanna Faiella nel Corriere Salute del 17 ottobre – grazie ai farmaci senza brevetto il Servizio Sanitario nazionale ha risparmiato oltre 6 miliardi in 12 anni. Solo per i farmaci di classe A, rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, ipotizzando che tutte le confezioni di equivalenti dispensate nel 2023 fossero state vendute ai prezzi dei farmaci di marca, la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro”.
Dunque, se un primo obiettivo immediato è quello di difendere e sostenere la produzione di farmaci generici, non dimentichiamoci quello di lungo periodo. L’obiettivo strategico è, come già ho più volte scritto, dotarsi di un’azienda farmaceutica pubblica a dimensione europea, per la quale la produzione di un farmaco non dipenda dalla quantità dei profitti realizzabili.
Come hanno distrutto (e stanno distruggendo) il Servizio Sanitario Nazionale, parte 11: senza il SSN gran parte della sanità privata crollerebbe
Tutti i principali gruppi della sanità privata, a parte rare eccezioni, raccolgono ingenti finanziamenti pubblici a partire dai contratti che le regioni italiane stipulano per dare una risposta alle esigenze dei cittadini.
In Regione Lombardia, ad esempio, questa attività contrattuale viene svolta dalle 8 Agenzie di Tutela della Salute (ATS) per le quali ogni anno la regione dispone un tetto di spesa. Per i ricoveri, le prestazioni ambulatoriali e la diagnostica viene concordato un budget complessivo nel quale viene definito un tetto di struttura per le attività erogate.
Le ATS non possono entrare nel merito, in modo preciso, delle prestazioni che i soggetti privati dovranno svolgere e di quali ricoveri, interventi, visite o esami vadano prioritariamente realizzati. Le ATS possono solo indicare che una percentuale, in genere molto limitata, del budget allocato ad ogni struttura privata dovrà essere destinato a specifiche casistiche per patologie che presentano criticità a causa delle lunghe liste di attesa.
Ricapitolando: gran parte dei bilanci dei principali gruppi della sanità privata si basano sul finanziamento pubblico, attraverso il meccanismo dell’accreditamento, senza il quale difficilmente potrebbero mantenere le attuali dimensioni e gli attuali profitti.
Le istituzioni pubbliche lasciano ai gruppi privati accreditati ampio spazio di scelta sulle attività da svolgere, e questi ovviamente danno la precedenza a quelle maggiormente remunerative. Tutto questo avviene in assenza di una decente programmazione sanitaria basata sull’individuazione delle priorità sanitarie della popolazione locale.
Inoltre, la coesistenza di attività svolte con il SSN e di prestazioni in regime di solvenza, svolte dallo stesso personale e negli stessi locali delle strutture accreditate, facilita quel processo di trasformazione delle richieste arrivate attraverso il SSN in prestazioni gestite privatamente.
Sintetizzando, la sanità pubblica diventa quindi portatrice d’acqua ai pozzi delle strutture private.
Negli ultimi anni questi meccanismi, sommandosi al taglio dei finanziamenti al SSN, hanno prodotto, in molte aziende della sanità privata accreditata, una crescita delle entrate provenienti da prestazioni private e dalle assicurazioni. Aldo Gazzetti, esperto in sanità e nella gestione delle strutture ospedaliere, ha incrociato una grande quantità di dati per comprendere come tutto questo si sta realizzando in Lombardia.
La Lombardia SiCura propone un piano straordinario per il rilancio della sanità pubblica
“Un piano straordinario per il rilancio della sanità pubblica in Lombardia con l’obiettivo di allontanare il rischio della totale distruzione del Servizio Sanitario Regionale e per evitare la cancellazione dell’universalità di accesso ai servizi come previsto dalla nostra Costituzione”.
È chiara la richiesta presentata il 31 ottobre dal comitato “La Lombardia SiCura” alla Commissione sanità del Consiglio Regionale durante l’audizione organizzata per ascoltare le proposte sottoscritte da 90.000 cittadini.
“Non vogliamo che in futuro, al banco dell’accettazione dei Servizi Sanitari, anziché la tessera sanitaria sia richiesta la carta di credito” ha aggiunto il comitato.
Il messaggio presentato all’ istituzione regionale è forte e chiaro: con le sue decisioni, negli ultimi trent’anni, la Regione ha indebolito la sanità pubblica e reso la sanità privata sostitutiva anziché integrativa. Al termine dell’audizione la Commissione si è riservata la possibilità di decidere se presentare in Consiglio una mozione che raccolga almeno una parte delle nostre richieste, o se ignorarle del tutto.
La mobilitazione del Comitato prosegue in tutte le province con la campagna “Staffetta Sicura difendiamo la sanità pubblica lombarda”. I cinque punti chiave della petizione, comunque, rimangono tuttora validi.
Centro Unico di Prenotazione
Abbattimento delle liste d’attesa e fine delle periodiche chiusure delle agende
Stop all’utilizzo dei medici a gettone e assunzioni di personale
Riduzione delle rette a carico dei cittadini nelle Residenze Sanitarie Assistenziali e miglioramento dei servizi per gli anziani
Potenziamento dei Servizi Territoriali in particolare per la prevenzione.
Le persone senza fissa dimora potranno avere il medico di base
Il 6 novembre il Senato ha approvato in via definitiva un disegno di legge che stanzia un milione di euro annui per il 2025 e 2026 per avviare un progetto sperimentale, per ora solo nelle città metropolitane, al fine di garantire il diritto all'assistenza sanitaria alle persone senza dimora che soggiornano regolarmente nel territorio italiano.
In tal modo questi ultimi potranno avere il medico di medicina generale (o il pediatra) e l’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza, LEA. Il numero delle persone senza dimora sta costantemente crescendo come effetto dell’impoverimento di fasce consistenti della popolazione. A 37e2, il programma che conduco ogni venerdì su Radio Popolare, abbiamo intervistato Antonio Mumolo, avvocato giuslavorista, presidente dell’Associazione Avvocato di Strada. Qui potete sentirne il contributo dal minuto 33.40.
NEL MONDO
Sostanze cancerogene e qualche consiglio pratico
“Secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) sono 126 le sostanze cancerogene certe per l'uomo, incluso l'alcol, il fumo, le polveri sottili dovute allo smog, i metalli pesanti emessi dalle attività industriali e le radiazioni ionizzanti. Accanto a queste ci sono 416 sostanze probabilmente o possibilmente cancerogene, tra cui alcuni pesticidi come glifosato, e i Pfas, sostanze chimiche presenti un po' ovunque, dai prodotti che usiamo, ai cibi e all'acqua.”
Questi ed altri dati sono stati resi pubblici il 18 ottobre scorso durante il convegno nazionale “Curare è prendersi cura. Impatto ambientale e rischio sanitario”, promosso dall'AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie i Linfomi e il Mieloma.
Come detto, queste sostanze cancerogene non sono le uniche a provocare gravi danni agli esseri umani. L’Agenzia, che tra le altre cose è un organismo intergovernativo facente parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ricorda che dal 1971 sono state valutate oltre 1000 sostanze, delle quali più di 500 sono state identificate come: cancerogene, gruppo 1 (precisamente 129); probabilmente cancerogene, gruppo 2A (96) o possibilmente cancerogene per l'uomo, gruppo 2B (321).
Non c’è una precisa corrispondenza tra quanto definito da IARC e le decisioni assunte dall’Unione Europea, come spiega Marco Caldiroli, presidente Nazionale di Medicina Democratica. In occasione del convegno dell’Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, il dottor Franco Berrino, già direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha dichiarato:
“Nei contenitori in plastica usati per la cucina non va mai messo cibo caldo, perché contengono i pfas, o sostanze perfluorurate, usate per rendere impermeabili le stoviglie monouso e gli imballaggi per alimenti. Attenzione alle padelle antiaderenti in teflon, vanno cambiate quando iniziano a rovinarsi, e alla carta da forno, scegliendo quella in cui è indicata l'assenza di bisfenolo A, che è stato tolto per legge dai biberon e dai ciucci ma è presente in tantissimi utensili”
Attenzione poi alle lattine che contengono bevande zuccherate o birra, ma anche legumi: “sono rivestite da una pellicola impermeabilizzante che contiene pfas. Meglio preferire quelli in vetro”.
Diritti in Salute è gratuita, e questo non cambierà nel tempo. Vi chiedo però di sostenerla con una donazione se potete, perché frutto di un’attività di studio e di ricerca che svolgo con passione da decenni. Potete farlo attraverso PayPal: cliccate su “DONA”, vi apparirà il logo di Medicina Democratica, cliccate “invia”, inserite la vostra mail, scegliete la cifra da donare e dove c’è scritto “A cosa serve?” non dimenticatevi di inserire “Diritti in salute”. Questo è importante perché ci semplifica molto le procedure amministrative.
Per questo numero abbiamo finito. Ci rivediamo tra due settimane.
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