Ticket regionali sui farmaci: caos totale. Manca il medico di famiglia? Cala l'attesa di vita
Ma parliamo anche dell'assistenza ambulatoriale, delle multinazionali che la gestiscono e della sanità privata che dalla Lombardia conquista l'Italia
Diritti in Salute - la newsletter quindicinale di Vittorio Agnoletto
N. 29 – 24 maggio 2025
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In questo numero parliamo di:
Ticket regionali sui farmaci: caos totale
Dalla Lombardia all’Italia il privato alla conquista del SSN
L’assistenza ambulatoriale in Italia. I gruppi che la fanno da padrone
Nel mondo. Quanto incide la mancanza di Medici di famiglia sull’aspettativa di vita?
Lunedì 12 maggio ho partecipato a un interessante dibattito a Bologna. Il titolo era “I lavoratori della salute, la salute dei lavoratori” ed è stato organizzato in occasione della mostra Al lavoro. Tutto cambia cambia tutto. Una bellissima mostra fotografica realizzata dal Progetto Comunicazione e dal collettivo Prospekt sui diritti, la sicurezza, la salute nel mondo del lavoro e la loro evoluzione (più corretto sarebbe dire involuzione) negli ultimi decenni. Grazie di avermi invitato e alla prossima!
Il giorno dopo, martedì 13 maggio, ho partecipato ad un’iniziativa organizzata dallo Sportello per il diritto alla Salute di Abbiategrasso – alla quale ha preso parte anche il locale sportello delle Acli – con l’obiettivo di costruire una rete sempre più attiva sul territorio. Prima dell’incontro un’apericena solidale in sostegno di “Diritti in Salute” nella storica Cooperativa Rinascita Abbiatense. Una serata allegra e utile anche per continuare il mio lavoro sulla newsletter. Grazie!
Ticket regionali sui farmaci: caos totale
Regione che vai ticket che trovi!
I farmaci e la giungla dei ticket. Regione che vai, regole che trovi è il significativo titolo con il quale Quotidiano Sanità riporta quanto emerge dal monitoraggio della spesa farmaceutica 2024 dell'Agenzia italiana del farmaco, e da quello della spesa sanitaria 2024 della Ragioneria di Stato. Un’autonomia differenziata già in essere, che ha creato una molteplicità di situazioni differenti creando gravi disparità nell’accesso ai medicinali tra persone che risiedono in regioni diverse.
“E i cittadini, esclusa la parte che decidono di pagare per avere il medicinale di marca, contribuiscono per 441 milioni di euro alle case regionali come compartecipazione obbligatoria. Una cifra che è in aumento del 4% rispetto al 2023”.
A causa del ticket, per accedere allo stesso farmaco il cittadino paga una cifra diversa. E questo anche se il prezzo iniziale è esattamente uguale.
Secondo i dati riportati vi sono regioni che non hanno imposto alcun ticket: sono Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Basilicata e la Provincia autonoma di Trento. Altre hanno iniziato ad imporlo proprio all’inizio di questo mese come l’Emilia Romagna. Per le restanti regioni, che hanno già un ticket, i criteri variano: c’è chi fa pagare 2 o 2,20 euro a confezione di farmaci fino ad un massimo di 4 euro a ricetta, chi a questi aggiunge 1 ulteriore euro a ricetta, chi ha inserito un sistema a scaglioni, chi fa pagare anche gli esenti, chi non chiede il ticket per una lista di farmaci definita dalla Regione, mentre per quelli che non sono presenti nella lista fa pagare un ticket che varia a seconda del prezzo del farmaco. E via così.
Ce n’è per tutti i gusti, insomma. Nell’articolo di Quotidiano Sanità potete farvi un’idea della vostra regione e scoprire cosa vi ha riservato il destino! Che poi destino non è, perché si tratta di precise scelte politiche decise delle giunte regionali.
Dalla Lombardia all’Italia il privato alla conquista del SSN
La sanità privata convenzionata è insaziabile. Non si pone limiti nel rivendicare un incessante aumento dei propri profitti, nascondendo tale obiettivo dietro discorsi nei quali si alternano frasi ammantate di altruismo, l’esaltazione della propria forza e di conseguenza della propria insostituibilità.
In un recente convegno svoltosi a Rozzano Michele Nicchio presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop) Lombardia, ha rivendicato le dimensioni della propria forza:
“In Lombardia, rappresentiamo circa il 35% dei posti letto totali. Per quanto riguarda quelli per acuti rappresentiamo circa il 28%, mentre nella riabilitazione il rapporto si inverte: il privato accreditato copre oltre il 70% dei posti letto. Gestiamo circa il 36% di ricoveri. Ancora più rilevante è la nostra presenza nell’attività ambulatoriale: il privato accreditato copre il 50% del totale erogato in Lombardia. Si tratta, a tutti gli effetti, di un ruolo paritetico a quello del pubblico. Ricordiamo sempre che le prestazioni offerte dal privato accreditato, per il cittadino, sono gratuite o prevedono lo stesso ticket del pubblico. Anche nel sociosanitario il nostro ruolo è determinante: oltre il 90% dei posti letto è in strutture private accreditate”.
Aiop Lombardia, rappresenta 106 strutture della sanità privata accreditata operanti sul territorio, parte integrante del Sistema sanitario regionale, “contribuendo a rendere la Regione un punto di riferimento anche internazionale”.
Questi numeri rappresentano meglio di qualunque lungo discorso le scelte compiute dalla regione negli ultimi trent’anni, da quando Roberto Formigoni ne è diventato presidente. Le porte del SSR sono state spalancate per qualunque ente privato che avesse chiesto l’accreditamento e la convenzione, senza alcuna valutazione sulla presenza o meno di strutture pubbliche attive nelle medesime specialità, senza un’analisi dei bisogni della popolazione locale e senza definire alcun obiettivo. La regione ha inoltre rinunciato sia a realizzare un piano sanitario, che sia serio e basato su un’analisi dei bisogni della popolazione, sia ad esercitare la funzione di controllo sull’operato di chi riceve significativi finanziamenti dagli enti pubblici. Il risultato è un mercato senza regole.
Ed oggi, chi domina questo mercato lavora per esportare il modello Lombardia a tutt’Italia e avanza ulteriori pretese
“E’ necessario – ha dichiarato sempre il presidente di Aiop Lombardia – infine, il superamento del vincolo di spesa all’acquisto di prestazioni dal privato accreditato fissato dal DL 95/2012: è una misura ormai anacronistica e in controtendenza con le reali esigenze. Il privato accreditato c'è e dà il suo contributo in maniera qualitativamente ed economicamente efficiente. Non vedo perché, dunque, ci sia la necessità di continuare a limitarne le potenzialità e le possibilità”.
L’assistenza ambulatoriale in Italia. I gruppi che la fanno da padrone!
L’ultima ricerca condotta da Aldo Gazzetti, esperto in sanità, è finalizzata a valutare i rapporti tra Servizio Sanitario pubblico e privato convenzionato e si è concentrata sul livello di esternalizzazione dell’assistenza ambulatoriale in Italia e sui principali gruppi privati che dettano legge in questo settore. In base ai dati relativi al 2022, a livello nazionale, più di un terzo dell’assistenza specialistica ambulatoriale sarebbe erogato dalle strutture private con un costo per il SSN di 4,5 miliardi. Il gruppo di prestazioni più esternalizzato è la diagnostica (Radiologia, RMN, TAC e altre): ben il 42,6% è svolto dal privato che riceve, dalle istituzioni pubbliche, il 45,8% della spesa destinata a tale settore.
In Campania, Puglia e Sicilia il livello di esternalizzazione, sempre nell’assistenza ambulatoriale, è molto alto. Sia in termini di volumi, che di spesa. Mentre in Liguria, Emilia Romagna e Toscana è significativamente inferiore. Tuttavia, Emilia Romagna e Toscana affidano ai privati le prestazioni più costose. In Lombardia, sempre nel 2022, il livello di esternalizzazione dei servizi ambulatoriali era del 53%, con una spesa regionale di circa 1,2 miliardi di euro. Sempre in Lombardia, confrontando il quadriennio 2016-2019 con il successivo 2020-2023, la diminuzione di offerta complessiva delle visite ambulatoriali è di quasi dieci milioni di prestazioni. Tra le multinazionali che consolidano il loro potere strutturale nell’assistenza ambulatoriale troviamo: Affidea, Aliance Medical SRL, Cerba, SYNLAB, Bianalisi, aziende sulle quali, nella ricerca condotta da Gazzetti, troverete schede con molte informazioni.
Secondo la Banca d’Italia i due terzi della spesa sanitaria privata sono effettuati da nuclei familiari con redditi lordi superiori a 85.000 euro, mentre la rinuncia agli accertamenti diagnostici e alle visite specialistiche caratterizza le classi con minore reddito, è maggiore tra le donne e coinvolge il 18% degli ultra 65enni che ha dichiarato di aver rinunciato, nei 12 mesi precedenti l’intervista, ad almeno una visita medica o a un esame diagnostico.
NEL MONDO
Quanto incide la mancanza di Medici di famiglia sull’aspettativa di vita?
La mancanza di MMG, Medici di Medicina Generale, è, a mio parere, uno degli aspetti maggiormente critici della nostra sanità.
Oppure qualcuno pensa che i MMG siano diventati inutili come sostenuto dal ministro Giancarlo Giorgetti quando, intervenendo nel 2019 al Meeting di Rimini, affermava: «Nei prossimi 5 anni mancheranno 45mila medici di base, ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti. Nel mio piccolo paese vanno a farsi fare la ricetta medica, ma chi ha almeno 50 anni va su Internet e cerca lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito»?
Se dalle dichiarazioni estemporanee e avventate passiamo ad un’analisi scientifica, troviamo risposta al nostro quesito nell’articolo Correlazione tra l'offerta di medici di base e la mortalità della popolazione negli Stati Uniti, 2005-2015, una ricerca condotta da medici e ricercatori statunitensi e pubblicata su Jama nel 2019 che mi è stata segnalata dal collega Enrico Beretta, incontrato in un convegno a Vimercate e che ringrazio vivamente.
Nelle conclusioni del loro lavoro i ricercatori scrivono:
“Una maggiore offerta di medici di base è stata associata a una minore mortalità […] I programmi per indirizzare esplicitamente più risorse all'offerta di medici di base possono essere importanti per la salute della popolazione. Nelle regressioni aggiustate a effetti misti, ogni 10 medici di base in più per 100.000 abitanti è stato associato a un aumento di 51,5 giorni dell'aspettativa di vita […] mentre un aumento di 10 medici specialisti per 100.000 abitanti corrispondeva a un aumento di 19,2 giorni […]. Un totale di 10 medici di base in più per 100.000 abitanti è stato associato a una riduzione della mortalità cardiovascolare, oncologica e respiratoria compresa tra lo 0,9% e l'1,4%.”
(Mia traduzione dall’inglese)
Certamente va tenuto conto della diversità dell’organizzazione della sanità in Italia e negli USA, ma, ciò nonostante, la risposta al nostro quesito appare chiara per quanto riguarda l’importanza del medico di medicina generale. Non può essere cancellato né sostituito dalla sola presenza degli specialisti.
I MMG hanno un impatto diretto sull’aumento dell’attesa di vita e tale impatto è significativamente maggiore di quello prodotto dalla presenza degli specialisti. Una maggior diminuzione della mortalità si registrerebbe per patologie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche. Una ragione in più per smettere di considerare i MMG professionisti di serie B, per adeguare le loro condizioni di lavoro e per sostituire il loro attuale percorso di formazione con una specialità in MMG con pari retribuzione e dignità a quelle relative ad altri settori della medicina.
Diritti in Salute è gratuita, e questo non cambierà nel tempo. Vi chiedo però di sostenerla con una donazione se potete, perché frutto di un’attività di studio e di ricerca che svolgo con passione da decenni. Potete farlo attraverso PayPal: cliccate su “DONA”, vi apparirà il logo di Medicina Democratica, cliccate “invia”, inserite la vostra mail, scegliete la cifra da donare e dove c’è scritto “A cosa serve?” non dimenticatevi di inserire “Diritti in salute”. Questo è importante perché ci semplifica molto le procedure amministrative.
Per questo numero abbiamo finito. Ci rivediamo tra due settimane.
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